C’era un medico, un farmacista e un aliscafo.
Potrebbe sembrare l’inizio di una barzelletta – e in effetti, all’inizio sembrava una questione seria. Poi sono arrivati i colpi di scena. E come spesso accade da queste parti, il confine tra realtà, percezione e comunicazione, si è fatto sottile.

Tutto è cominciato sabato scorso, quando alcune testate giornalistiche regionali hanno rilanciato una notizia dal titolo allarmante: “Aliscafo non porta ricette mediche, a Lampedusa utenti disperati – Farmacia non vuole lavorare prescrizioni che arrivano via mail”.
La fonte è il dottor Dionysios Liapis, medico di base a Linosa, che denuncia – a parer suo – due presunti disservizi: il comandante dell’aliscafo si sarebbe rifiutato di prendere le sue tre ricette per portarle a Lampedusa e la farmacia di Lampedusa secondo lui – non lavorerebbe le ricette inviate via email. Il risultato? “Pazienti disperati”.
A stretto giro arriva la replica. Giuseppe Tripolino, titolare dell’unica farmacia di Lampedusa, smentisce in modo netto: “Lavoriamo regolarmente tutte le prescrizioni che riceviamo via email, comprese quelle del dottor Liapis. L’unico disservizio si è verificato durante un blackout alle linee internet durato 48 ore. Quello che dice il medico è falso.” Poi aggiunge: “Forse qualcuno (Totò Martello, ndr) è ossessionato, parla sempre di monopolio e fa continuamente strumentalizzazione politica”.

È la miccia che accende la polveriera.
Nel giro di poche ore, il caso esplode: si annunciano querele, si cercano testimoni, si chiedono precisazioni stampa. In pochi attimi si passa dalle ricette ai risentimenti, dai farmaci alle frecciatine personali – fino a sfumare, neanche troppo velatamente, nel politico.
Noi di Lampedusa in 2 minuti abbiamo deciso di approfondire, anche per rispetto di chi – tra un blackout e un mare agitato – ha davvero bisogno di cure. Abbiamo ricostruito l’intera vicenda, compresa quella – rimasta nell’ombra – la storia dell’aliscafo.
Il presunto diniego
Secondo quanto riferito da fonti attendibili, non ci sarebbe stato alcun rifiuto da parte del personale, bensì una richiesta: che le prescrizioni fossero consegnate personalmente al comandante e non al primo marinaio disponibile. Sembrerebbe per due motivi: tutelare la riservatezza dei dati sensibili dei pazienti ed evitare che i documenti possano essere danneggiati. In ogni caso, il trasporto di documenti sanitari non rientrerebbe, per regolamenti e burocrazie, fra i compiti formali dell’equipaggio, ma per senso di comprensione verso le problematiche delle comunità isolane, questo buonsenso sembrerebbe non sia stato negato.

Il dottor Liapis, però, non ci sta:
“Ho dovuto insistere, farmi sentire. Se non fosse stato per la mia determinazione, quelle ricette non sarebbero mai arrivate, e non è la prima volta”
ci racconta in un lungo confronto telefonico. “Mi hanno detto che dovevo chiedere il permesso al comandante… ma stiamo scherzando?
Io devo chiedere autorizzazione a lui per portare le ricette? Alla fine, se l’è portate”.
E sulla farmacia non cambia posizione:
“Ho le prove, ho tutte le segnalazioni dei miei pazienti”.
Poi, il primo colpo di scena
“L’articolo? Non è partito da me”

Ed è qui che la vicenda prende una piega diversa.
Il medico Liapis, a un certo punto dice che le sue segnalazioni le aveva evidenziate a Totò Martello, ex sindaco, oggi capo dell’opposizione: “Io per Martello stravedo, scrivetelo, abbiamo lo stesso sangue” ci dice: “a lui ho fatto queste lamentele. Ed è uscito l’articolo, ma non è partito da me”.
Nessun illecito, certo. Ma questo passaggio – dal disagio sanitario alla narrazione mediatica – suggerisce che la storia, oltre ai suoi protagonisti, potrebbe aver avuto anche un regista. O almeno, un suggeritore.
E proprio quando pensiamo di essere arrivati alla fine della telefonata, arriva il colpo di scena finale.
Il dottor Liapis, con tono deciso ma sorridente, ci dice:

“Lo puoi scrivere: il dottore Liapis vi aspetta per il 2027”.
Un annuncio che suona come un debutto di una candidatura (e una stoccata all’amministrazione Mannino)
“Come sindaco?” gli chiediamo. “Vediamo, la campagna elettorale è già iniziata” risponde, lasciando una porta aperta – o forse già socchiusa – verso un futuro in prima persona sulla scena politica.
Nel rimpallo di accuse e smentite, c’è un dettaglio che spesso passa inosservato: le isole. Linosa e Lampedusa. Luoghi reali, con cittadini veri, che ogni giorno affrontano limiti strutturali non da oggi ma da sempre. Non servono polemiche, serve attenzione. Perché ogni “disservizio vero” qui pesa il doppio, e ogni soluzione arriva spesso tardi.

Chi vive sulle isole non cerca un colpevole da sbattere in prima pagina.
Cerca semplicemente di farsi curare – senza passare da un aliscafo, da un politico o da una segnalazione stampa. Perché a forza di rincorrere il colpevole di turno (che tanto non si trova mai), si perde di vista l’unica cosa che conta davvero: la salute di chi ha bisogno.
E a quel punto, non è più una barzelletta. Ma una storia che non fa ridere nessuno.
E, c’è già chi prepara la prossima scena.