Tiene ancora banco la questione che riguarda la mega inchiesta sui lavori della rete fognaria di Lampedusa. Secondo il Pubblico Ministero “ognuno doveva avere un pezzo della torta”. Secondo la Procura agrigentina quindi, tutto ruoterebbe intorno a un appalto per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle fogne di Lampedusa.Un appalto nato nella previsione di spartirsi la “torta” tra le imprese, nonostante i lavori fossero stati regolarmente aggiudicati a una ditta di origini messinesi.

Questo fondamentale concetto, è stato sostenuto questa mattina in aula ad Agrigento dal pubblico ministero, Giulia Sbocchia che, nel ribadire ancora una volta la richiesta di rinvio a giudizio, ha discusso nell’ambito dell’udienza preliminare a carico di ventuno persone tra politici, dirigenti comunali e imprenditori coinvolti a vario titolo, in una inchiesta che ipotizza a Lampedusa, una associazione a delinquere finalizzata alla commissione di più delitti contro la Pubblica amministrazione attraverso costrizioni, plurimi affidamenti illegittimi e appropriazioni di somme di denaro pubblico.
Il prossimo 18 settembre, la parola passerà alle difese e anche all’ex sindaco Martello, che ha annunciato di voler rendere nuovamente, dichiarazioni spontanee. Il procedimento è in corso davanti il gup Iacopo Mazzullo. Nessuno degli imputati ha scelto il rito abbreviato.
Al centro della maxi inchiesta, cristallizzata nel periodo compreso tra il 2019 ed il 2021, c’è l’appalto per i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria della rete fognaria di Lampedusa. Appalto promosso dal Comune e regolarmente aggiudicato a una ditta di Messina; ma questo, almeno sulla carta.

Al vertice della presunta associazione a delinquere, secondo quanto contestato dagli inquirenti, ci sarebbero stati l’ex sindaco di Lampedusa, Salvatore Martello, l’ex vicesindaco e assessore, Salvatore Prestipino e poi i dirigenti comunali, Giuseppe Di Malta e Manlio Maraventano, rispettivamente a capo dell’Ufficio tecnico e del settore lavori pubblici e manutenzione. A tutti loro, viene contestato anche il ruolo di promotori.
Per la Procura di Agrigento (è questa l’accusa principale mossa), gli ex amministratori locali di Lampedusa “attraverso condotte di costrizione, plurimi affidamenti illegittimi e appropriazione di somme di denaro pubbliche” avrebbero imposto all’impresa aggiudicataria, di accettare le modalità di lavoro indicate, subappaltando le opere a ditte di amici e parenti.
Sempre per la Procura, tra le imprese beneficiarie dei lavori in subappalto e riguardanti i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria delle stazioni di sollevamento, vi sono anche quelle gestite dai familiari dell’ex sindaco Martello: il fratello, due nipoti e la moglie di un nipote.
Tra le gravi accuse mosse agli ex amministratori locali, nella qualità di pubblici ufficiali c’è anche quella di peculato. Per gli inquirenti, infatti, si sarebbero appropriati dei fondi destinati all’impresa che aveva regolarmente ottenuto l’appalto “procedendo al pagamento dei lavori indebitamente subappaltati alle imprese locali”.

Tutti gli imputati:
Salvatore Martello detto Totò, 68 anni (difeso dall’avvocato Giuseppe Grillo); Manlio Maraventano, 55 anni (difeso dall’avvocato Gaetano Caponnetto); Giuseppe Di Malta, 64 anni (difeso dall’avvocato Alessandro Patti); Salvatore Prestipino, 57 anni (difeso dall’avvocato Giuseppe Grillo); Nicola Andrea Policardo 58 anni (difeso dall’avvocato Gaetano Gucciardo); Giovanni Martello, 38 anni (difeso dall’avvocato Nicolò Grillo); Antonio Martello, 64 anni (difeso dall’avvocato Nicolò Grillo); Rosa Martello, 33 anni (difesa dall’avvocato Nicolò Grillo); Claudia Castrone, 36 anni (difesa dall’avvocato Nicolò Grillo); Annalisa Lombardo, 49 anni (difesa dall’avvocato Nicolò Grillo); Massimo Campione, 64 anni (difeso dall’avvocato Massimo Perrotta); Domenico Cucina, 56 anni (difeso dall’avvocato Calogero Meli); Stefano Cucina, 50 anni; Rosario Cucina, 45 anni, (difeso dall’avvocato Rosario Didato); Giovanna Taormina, 55 anni (difesa dall’avvocato Emanuele Dalli Cardillo); Gianluca Cucina, 43 anni (difeso dall’avvocato Rosario Didato); Nicola Cucina, 33 anni (difeso dall’avvocato Calogero Meli); Umberto Cucina, 31 anni (difeso dagli avvocati Samantha Borsellino e Giuseppe Lauricella); Pietrino Cucina, 37 anni (difeso dall’avvocato Emanuele Dalli Cardillo); Salvatore Cucina, 60 anni (difeso dall’avvocato Emanuele Dalli Cardillo); Rosa Cucina, 30 anni (difesa dall’avvocato Calogero Meli); Domenico Cucina, 53 anni (difeso dall’avvocato Samantha Borsellino).
Fonte: Grandangolo Agrigento